5 domande a...
Antonella Gentile
Intervista alla Consulting Functional & Business Analysis Senior Manager di Engineering.
Antonella Gentile è Consulting Functional & Business Analysis Senior Manager di Engineering, dove coordina la struttura dedicata al Change Management, impegnata a supportare i clienti nei processi di trasformazione digitale.
Vanta oltre 25 anni di esperienza nel disegno, sviluppo e monitoraggio di programmi complessi di change management e formazione. Supporta clienti e team di progetto nell’adozione di modalità di lavoro innovative derivanti dalla trasformazione digitale, promuovendo approcci agili, automatizzati e sicuri.
Antonella ha contribuito alla definizione e allo sviluppo della Metodologia di Change Management di Engineering.
La sua leadership si distingue per un approccio olistico, orientato al business e attento al valore delle persone, con un uso mirato delle tecnologie innovative, tra cui l’Intelligenza Artificiale, come strumenti a supporto del cambiamento.
Il Change Management non è più un’attività accessoria, ma una leva strategica. Il nostro approccio oggi è olistico e integrato: lavoriamo fin dal primo giorno accanto ai team tecnologici, definendo impatti organizzativi, roadmap di comunicazione e piani di formazione che accompagnano l’intero journey. Questo ci consente di garantire che la trasformazione non sia solo tecnica, ma soprattutto culturale.
Oggi la sfida va oltre l'introduzione delle nuove tecnologie. Occorre infatti abilitare le persone a comprenderle, adottarle e farle proprie in modo sostenibile. Negli ultimi anni il modo di accompagnare le organizzazioni è profondamente cambiato: si tratta supportare progressivamene l'adozione delle nuove modalità lavorative in modo continuo e mirato.
Per fare un esempio, la formazione e l'apprendimento sono sempre più “on demand”, fruibili esattamente quando servono e per le attività per cui servono, con un approccio esperienziale e immediato. Pertanto, puntiamo su contenuti brevi, intuitivi e facilmente assimilabili, proprio come imparare a usare una nuova app sullo smartphone, per rendere l'apprendimento naturale, rapido e parte integrante del lavoro quotidiano.
Il primo passo è vedere l’adozione dell’AI non solo come un progetto tecnologico. Bisogna lavorare sulla readiness, sulla sponsorship dei leader e su percorsi di formazione concreti e personalizzati. In questo modo l’AI diventa un alleato quotidiano e non un ostacolo. Altrimenti si rischia di avere piattaforme potenti ma poco utilizzate.
Il consiglio che darei è di partire dalle persone, non dagli strumenti. Comprendere i reali bisogni operativi, i timori e le aspettative degli stakeholder è essenziale per disegnare un'esperienza di adozione efficace.
Solo se gli stakeholder percepiscono un beneficio tangibile nella loro attività quotidiana, come tempo risparmiato, processi semplificati o maggiore autonomia, l’uso dell’AI diventa naturale e sostenibile.
L’obiettivo è quello di creare una cultura della sperimentazione, in cui l'errore è visto come apprendimento e l'innovazione come un percorso condiviso, non come una direttiva calata dall'alto.
La tecnologia oggi è un acceleratore straordinario del cambiamento, ma non può sostituirsi ai driver culturali ed economici. L’AI, ad esempio, porta nuove opportunità e sfide etiche, ma è la combinazione con la cultura aziendale e con la leadership che ne determina l’impatto reale. Non possiamo dimenticare che il cambiamento nasce dalle persone, non dagli strumenti.
La tecnologia da sola rappresenta forse il 30% o 40% del cambiamento: abilita, accelera e rende possibile ciò che prima era impensabile, ma il restante 60% o 70% è fatto di mindset, comportamenti e modelli organizzativi. Senza una cultura pronta ad accogliere l'innovazione, anche le soluzioni più evolute restano sottoutilizzate o addirittura rigettate.
Oggi il vero vantaggio competitivo non sta quindi nell’implementare le soluzioni AI più avanzate, ma nella capacità dell'organizzazione di integrarle in modo consapevole, etico e coerente con la propria identità e i propri obiettivi.
Quando si parla di AI, la resistenza nasce spesso dalla percezione di minaccia al proprio ruolo o dalla mancanza di fiducia negli algoritmi. Nei progetti tradizionali, invece, la resistenza è più legata alla fatica di cambiare abitudini operative. Per questo, con l’AI serve un lavoro più profondo sul mindset, sulla trasparenza e sull’etica, mentre nelle piattaforme classiche il focus è sulla formazione pratica e sull’engagement operativo.
Nei progetti di adozione di soluzioni AI-based, la resistenza è spesso più sottile e cognitiva: non si manifesta solo con il rifiuto esplicito dello strumento, ma con comportamenti di disimpegno o scetticismo verso i risultati generati dalle macchine. Le persone faticano a fidarsi di un sistema che “decide” o “suggerisce” al posto loro, perché percepiscono una perdita di controllo o di riconoscimento della propria competenza.
Nei progetti legati all’introduzione di una nuova piattaforma, invece, le difficoltà sono più tangibili e legate al “come fare”: la paura di sbagliare, la curva di apprendimento, il tempo necessario per familiarizzare con una nuova interfaccia. Con l’AI, invece, la vera sfida è far comprendere il “perché”: perché adottarla, come può amplificare le capacità umane e non sostituirle.
In un recente progetto abbiamo accompagnato un cliente nell’introduzione di soluzioni di AI per la gestione dei dati e dei processi decisionali. Abbiamo lavorato fianco a fianco con i Change Agent interni per diffondere conoscenza, sviluppare competenze di prompting e rafforzare l’engagement. Il risultato è stato un aumento misurabile della produttività e, soprattutto, una cultura più aperta alla sperimentazione tecnologica.
Ciò che ha fatto davvero la differenza è stato l'approccio progressivo e centrato sulle persone.
Abbiamo introdotto l’AI come uno strumento in grado di favorire un’evoluzione naturale del modo di lavorare. È stata creata una rete di Change Agent, coinvolta in momenti di confronto e co-costruzione degli scenari futuri attraverso workshop interattivi.
Questo approccio partecipativo ha permesso alle persone di comprendere esattamente quali fossero le aspettative corrette nei confronti del nuovo strumento e ha reso il cambiamento concreto e sostenibile, dimostrando che il successo di un progetto di AI non dipende solo dalla potenza degli algoritmi, ma dalla capacità di farne una leva collettiva di crescita e innovazione.
Oggi il vero vantaggio competitivo non sta nell’implementare le soluzioni AI più avanzate, ma nella capacità dell'organizzazione di integrarle in modo consapevole, etico e coerente con la propria identità e i propri obiettivi.
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