Engineering: leader della Digital Transformation

Convegno

Convegno "Innovazione e ricerca per la gestione del rischio ambientale"

L’incontro si è svolto a Pont-Saint-Martin, su iniziativa del Project Management Institute – Northern Italy Chapter (PMI-NIC) e di Engineering D.HUB, società che offre servizi digitali, per colmare l’assoluta necessità di progetti di ricerca e applicazione di tecnologie con lo scopo di evitare ulteriori vittime.

Pont-Saint-Martin, April 20 2018

"Innovazione e ricerca per la gestione del rischio ambientale": l’assoluta necessità di progetti di ricerca e applicazione di tecnologie per evitare ulteriori vittime.

Si è svolto a Pont-Saint-Martin il convegno “Innovazione e ricerca per la gestione del rischio ambientale”, su iniziativa del Project Management Institute – Northern Italy Chapter (PMI-NIC) e di Engineering D.HUB, società che offre servizi digitali controllata dal Gruppo Engineering, leader nella trasformazione digitale e in prima linea nello sviluppo di progetti di Ricerca e Innovazione.

Un’idea nata dall’incontro dei due promotori, attorno alla quale si è subito raccolto un gruppo di lavoro di alto livello, capace di mettere a fattor comune l’esperienza di diversi progetti che dimostrano concretamente come l’utilizzo delle tecnologie possano supportare la Pubblica Amministrazione, le aziende e altri attori privati, nonché i cittadini nella gestione del rischio ambientale.

Secondo i dati di Ecostistema Rischio 2017 di Legambiente il rischio idrogeologico rende l’Italia sempre più insicura a causa dei cambiamenti climatici che amplificano gli effetti di frane e alluvioni. Sono ben 7,5 milioni i cittadini che vivono e lavorano in aree a rischio. Nel 70% dei comuni intervistati si trovano abitazioni in queste aree, nel 27% interi quartieri e nel 15% scuole e ospedali. Negli ultimi 5 anni il Paese ha registrato 102 eventi ambientali estremi che hanno provocato alluvioni o fenomeni franosi, determinando la necessità di richiedere 56 volte lo stato di emergenza, con un costo complessivo elevatissimo in termini di vite umane e di ben 7,6 miliardi di euro.

Numeri che evidenziano con grande chiarezza l’assoluta necessità di progetti di ricerca e di innovazione che possano prevenire questi fenomeni, per limitarli quando possibile ma – soprattutto – per evitare che causino ulteriori vittime, nonché di metodi che permettano di gestire tali progetti con la massima efficienza.

Engineering D.HUB, forte da un lato della sua capacità di gestione della continuità operativa e del rischio, nonché della sua visione internazionale combinata con una profonda conoscenza delle problematiche territoriali derivante da decenni di collaborazione con la Pubblica Amministrazione locale, si fa promotore con questo primo incontro di un modello di collaborazione ad ampio raggio tra pubblico, privato, no profit e cittadini, che mira a generare coinvolgimento e cultura diffusa sul valore della tecnologia al servizio dell’ambiente.

“E’ necessario ricostruire attraverso la tecnologia un rapporto di consapevolezza e fiducia tra uomo e ambiente che la stessa tecnologia ha contribuito ad assottigliare nel tempo” sostiene Francesco Bonfiglio, AD di Engineering D.HUB “la stessa rivoluzione digitale che ha gradualmente creato una visione artificiale dell’ambiente che ci circonda, ci permette oggi attraverso una rete di sensori, la raccolta di miliardi di dati e motori cognitivi, di elaborare in tempo reale informazioni che possono migliorare il nostro rapporto con gli eventi climatici, sismici e in generale con natura e ambiente. Servono approcci nuovi, agili e una rinnovata collaborazione tra cittadino, enti pubblici e partner tecnologici in grado di tradurre il concetto di trasformazione digitale in una combinazione bilanciata di servizi, etica, ecosostenibilità, evoluzione agile e tecnologia”.


SINTESI DEGLI INTERVENTI

André Chaussod, Ricercatore del progetto Risk Evaluation Dashboard (R.E.D.), coordinato dalla stessa Engineering, ha illustrato il lavoro incentrato sulla gestione e raccolta dei dati sul rischio valanghe e crollo di roccia, nonché lo sviluppo di strumenti di pianificazione e prevenzione per la PA. Nato in Valle d’Aosta, grazie a un bando per la creazione e lo sviluppo di unità di ricerca finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, il progetto prevede la creazione di uno strumento integrato (dashboard) per l’acquisizione, la gestione e l’elaborazione di dati relativi a tematiche quali crolli di roccia e valanghe di neve, così da supportare gli enti gestori del territorio nella valutazione di questi scenari. I partner dell’unità di ricerca costituitasi sono, oltre ad Engineering (capofila), gli istituti di ricerca Politecnico di Torino e Fondazione Montagna Sicura nonché le società GeneGIS GI e GMH Elicopter Services. "Uno degli obiettivi principali del progetto è rendere fruibile, in un unico ambiente, una notevole mole di dati: questo il senso della dashboard - ha indicato Chaussod - affinché fornisca un corretto supporto ai processi di decision making da parte di utenti 'esperti', fornendo un quadro generale, ma allo stesso tempo esaustivo, ai funzionari e ai dirigenti delle PA per l’individuazione rapida delle principali criticità legate al territorio da gestire. R.E.D. - ha concluso Chaussod - rappresenta un approccio nuovo alla gestione dei rischi ambientali che si ripercuotono in particolar modo nei territori montani, intrinsecamente vulnerabili e nei quali la presenza dell’uomo sta aumentando. Gli approcci proposti, differenti per le due tematiche del progetto, hanno come obiettivo comune quello di incrementare l’efficienza dei processi di gestione dati legati al risk management cercando di superare problematiche comuni alle diverse PA".

Elena Cristofori e Alessandro Demarchi, in rappresentanza della Start- up TRIM -Translate into Meaning, hanno presentato il loro progetto che punta a sviluppare strumenti di supporto alle decisioni di gestione ambientale basandosi sull'utilizzo di tecnologie open-source, come applicazioni web per lo studio di sistemi ambientali complessi e applicazioni mobile per la partecipazione attiva della cittadinanza nel monitoraggio del territorio. Il punto di forza di TRIM è l’approccio inter-disciplinare e bottom-up, per favorire la comprensione delle informazioni legate al rischio ambientale e la loro condivisione tra decision-makers, stakeholders e cittadini.
“Crediamo – ha sottolineato Alessandro Demarchi - nel valore e nell’importanza della multidisciplinarietà. Per questo ci offriamo come una realtà in grado di facilitare l’analisi dei problemi e la scelta di soluzioni tecnologiche appropriate tra diversi attori tecnici, politici, scientifici, e utenti locali, ognuno con il suo ruolo ben definito. Quindi non ci sostituiamo sicuramente ai decisori ma ci proponiamo come un elemento di supporto". Elena Cristofori invece ha posto l’accento sul tema ambientale: “Riteniamo che nella catena del valore del rischio ambientale ci si concentri molto sulla produzione di nuovi strumenti scientifico-tecnologici e poco sull’effettiva usabilità e utilità di tali strumenti. Inoltre manca una interazione tra tecnologie innovative e la capacità di osservazione da parte di cittadini o utenti e la tecnologia, fondamentale nell’analisi di sistemi ambientali-complessi a scala locale”.

Marco Caressa, ICT Manager di Engineering, si è soffermato invece sul metodo dell'Agile Project Management per la PA digitale, sottolineando come la gestione dei problemi del territorio debba rispondere a due necessità fondamentali: fronteggiare con la massima "reattività" le emergenze ambientali e gestire, anzi anticipare, con la massima "proattività" i rischi prima che si trasformino in emergenze. “La Digital Transformation sta modificando profondamente i processi produttivi – ha sottolineato Marco Caressa durante il suo intervento - e riguarda anche la PA, con la virtualizzazione degli asset e la digitalizzazione dei processi da esporre come eServices. Solo il 16% dei cittadini italiani entra in contatto con la PA attraverso piattaforme digitali, meno della metà delle media europea. Per governare il cambiamento senza subirlo è necessario snellire i processi di acquisizione IT – con gare di appalto che oggi durano anni – e approcciare in modo diverso i progetti digitali, adottando metodi e tecniche Agili, più efficaci nei knowledge project a produzione immateriale. Essere "agili" significa concentrarsi sul risultato, diminuendo sprechi e burocrazia. Significa riuscire a fare di più spendendo di meno, realizzando ad esempio solo i servizi che realmente creano valore per i cittadini. E farlo non più in una logica da dettagliati piani pluriennali, spesso poi disattesi, ma programmando per obiettivi generali di ampio respiro per poi pianificare in modo "adattivo" e costruire il risultato in una logica progressiva, incrementale e iterativa. Magari partendo dal nome, non più PA (Pubblica Amministrazione) ma "PIA": Pubblica Innovazione e Amministrazione”.

Alessandro Palmas di OpenStreetMap per Wikimedia Italia è intervenuto sulla collaborazione tra le community open source e gli open data "Nei suoi quasi 14 anni di esistenza il progetto OpenStreetMap ha sviluppato un'ampia gamma di metodi di raccolta del dato geografico, che varia da applicazioni GIS professionali a strumenti estremamente semplici su smartphone per utenti non esperti. Queste metodologie sono usate quotidianamente da decine di migliaia di volontari: il 18 marzo scorso la piattaforma ha superato il milione di contributori attivi. Grazie alla versatilità della piattaforma e alla semplicità di aggiornamento, gli scenari di applicazione di OpenStreetMap per la gestione del rischio ambientale e sistemico sono tantissimi: dai terremoti alle inondazioni sino alla lotta alle epidemie, con partner quali l'ONU, American Red Cross, World Bank e Medici senza Frontiere. OSM è stato utilizzato anche in Italia in supporto alle operazioni di soccorso in occasione del terremoto che ha colpito il centro Italia nel 2016: questo ha accresciuto molto l'interesse di Protezione Civile e VVF verso la piattaforma nel nostro Paese.
OpenStreetMap è dunque la piattaforma ideale di Online Volunteeering per il rapid mapping, anche da remoto, in situazioni di emergenza o anche per la gestione quotidiana delle operazioni di soccorso o pianificazione. La sua universalità lo rende adatto anche ad attività connesse a percorsi di cittadinanza attiva e monitoraggio civico ma anche per lo svago outdoor”.

La presentazione di Eloise Bovet, Elena Durando ed Alessandro Pezzoli ha messo in risalto la collaborazione tra la Fondazione Montagna Sicura (FMS) ed il Politecnico di Torino che sta portando a risultati positivi in quanto consente agli studenti del Politecnico di Torino di poter svolgere degli stage di approfondimento professionale direttamente sul territorio della Valle d'Aosta e presso il Centro Ricerche di FMS. Per la FMS è utile collaborare con il Politecnico di Torino per migliorare la ricerca scientifica e l'innovazione nel settore dell'analisi del rischio ambientale. Sono stati illustrati gli studi più recenti svolti dalle due realtà sul tema del monitoraggio della copertura nevosa da immagini satellitari. In particolare, con l’analisi dell’evento del 1-10 gennaio 2018 si è mostrato come il cambiamento climatico richieda un continuo miglioramento delle tecnologie di misura e monitoraggio, e come le misure in-situ e le misure da remoto debbano essere integrate per portare ad un effettivo miglioramento della modellistica di previsione e dei relativi sistemi di “allerta precoce” per la gestione del rischio valanghe.

Infine, Chiara Ruffino, Project Manager di Engineering D.HUB, è intervenuta sulla continuità operativa per PA e imprese e disaster recovery affermando: “L’agenda digitale italiana, in linea con quella Europea, mira a favorire l'innovazione, la crescita economica e il progresso, valorizzando il proprio patrimonio di informazione e comunicazione attraverso una piattaforma per la fruizione di servizi digitali da parte di enti, imprese e comunità territoriali. L’obiettivo comune è quello di offrire nuovi e migliori servizi al cittadino. La gestione del rischio IT non funziona "out of the box". È un processo di gestione del rischio aziendale che deve essere eseguito su base continuativa. La best practice della continuità operativa si ispira alla norma ISO 22301 e viene declinata utilizzando i metodi definiti e promossi dal Project Management Institute: Program management, Project Management, Project Risk Management e Agile Project Management”.
“Engineering D.HUB - continua Ruffino - ha elaborato un proprio framework, denominato Engineering Continuity Framework, basato sulla norma ISO 22301 per la gestione della Continuità Operativa che applica in diversi settori di mercato, sia relativi alle organizzazioni delle PPAA che relativi ad organizzazioni private dell’industria, delle Telco & Media e delle Energy & Utilities. L’offerta Engineering prevede modelli di soluzioni predefiniti, anche se profilabili, da selezionare in base al mandato, ai compiti e alle strutture dell’ente richiedente”.

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